Lui & Lei
La nuova fiamma - Capitolo 3 - Un dolce addio
di Parrino
24.11.2022 |
2.438 |
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"Aveva ragione, e questa consapevolezza aveva spento in me ogni possibilità di replica..."
‘Dove andiamo?’, mi chiese Valentina, mentre l’auto percorreva lentamente le strade semibuie e desolate della periferia. Le risposi osservandola con la coda dell’occhio, senza distogliere lo sguardo dalla carreggiata: ‘Be’, domani te ne vai tra i monti canadesi. Un ultimo saluto al nostro mare?’. Sorrise, stringendo per un momento la mia mano, posata sul pomello della leva del cambio. Poi, alzò il volume della radio e si abbandonò sul sedile, con le braccia dietro la testa e gli occhi chiusi, a farsi cullare dalla musica.In meno di quindici minuti arrivammo a destinazione. L’ampio parcheggio, a quell’ora, era completamente deserto, eccetto per un paio di vetture posteggiate in lontananza, ben nascoste da cespugli ed alberi per celare le attività in corso di svolgimento al loro interno. ‘Cos’è questo posto?’, mi chiese Valentina, scorgendo un piccolo ingresso in un muro di piante e recinzioni in legno. ‘Uno dei miei preferiti. Fino a qualche anno fa era solo una campagna abbandonata in cui, con un’associazione animalista, ci occupavamo dei cani randagi che ci vivevano’. La biondina mi guardava in silenzio aspettando il prosieguo della spiegazione, che tentai di rendere il più breve possibile. ‘Ora è stata rimessa a nuovo e trasformata in una sorta di riserva naturale’. ‘E il mare?’, mi chiese. ‘Vedrai’, replicai, intrecciando la mia mano alla sua ed imboccando l’ingresso della struttura.
Per alcuni minuti procedemmo tra sentieri, fontanelle e cartelli esplicativi. Poi, superato un ponticello ed una scricchiolante scalinata entrambi in legno, arrivammo nel punto che avevo stabilito quale nostra meta: un piccolo spiazzo fra gli alberi con affaccio su una porzione di mare, circondata dalle luci della città visibili in lontananza. ‘Wow’ è’ stupendo’, mi disse Valentina, mentre mi apprestavo a sedermi con la schiena poggiata contro la base di una quercia e lei si intrufolava, seduta tra le mie gambe, dandomi le spalle e adagiandosi contro il mio torace. L’accolsi piacevolmente tra le braccia, portando le mie mani sul suo pancino. Dopodiché, persi completamente la cognizione del tempo. Restammo, non saprei dire neanche per quanto, stretti a parlare di ogni cosa. Stavolta, però, lasciai fosse lei ad aprirsi completamente. Gliel’avevo promesso, del resto: il seguito della serata sarebbe stato tutto per lei. Mi raccontò, in particolare, di come fosse maturata l’idea del trasferimento all’estero. Era entusiasta e spaventata al tempo stesso. A volte, la sua espressione era raggiante al pensiero di quell’esperienza, in altri momenti quasi le tremava la voce dall’emozione.
Mentre narrava le meraviglie che l’attendevano nello Yukon, e sulle quali dimostrava di essersi documentata davvero a fondo, si bloccò, mi guardò negli occhi, sollevandosi e voltandosi appena verso di me, e mi chiese: ‘Ok, basta coi monti canadesi. Il tuo Monte Vittoria, piuttosto?’. Nel rispondere, decisi di giocare con la sua metafora: ‘Fino a questa sera pensavo fosse la vetta più alta del mondo. Ma mi sto rendendo conto che, forse, è solo una collina che avevo sopravvalutato’. Rise. ‘Può capitare, se non viaggi troppo’, mi disse. ‘Nel mio caso, direi che, al massimo, ho dato un’occhiata al pianerottolo fuori dalla porta di casa’, ribattei. Ridemmo entrambi. Poi, all’unisono, tornammo seri. ‘Dubito di averla già dimenticata’, dissi, ‘Però adesso sono certo che accadrà’. ‘Come?’, mi chiese lei. ‘Non mi era mai capitato di preferire la compagnia di un’altra persona mentre ero con lei’. ‘E stasera, invece, si?’. ‘Siamo qui, no?’, le dissi, accarezzandole una guancia.
A quelle parole, Valentina si sporse verso di me, e le nostre labbra si unirono di nuovo. Stavolta, senza sguardi indiscreti a scrutarci, e senza voler dimostrare nulla a nessuno. Il mio corpo scivolò verso il basso, sdraiandosi sul terreno. Lei si lasciò cadere sopra di me, continuando a baciarmi. In breve, le nostre bocche si schiusero e le nostre lingue presero ad accarezzarsi reciprocamente, percorrendosi l’una con l’altra. Con una mano accarezzavo i suoi fianchi e la sua schiena, inoltrandomi, ad ogni passaggio, verso le zone più intime del suo corpo.
Fu un bacio dolcissimo, lungo, di una lentezza quasi esasperante. Le nostre labbra incollate si stuzzicavano, schiacciandosi e stringendosi a vicenda. Le lingue, di tanto in tanto impegnate a disegnare i contorni delle labbra stesse, non perdevano, comunque, l’occasione di cercarsi, avvinghiarsi, scambiarsi saliva e calore, abbandonandosi ad una danza sensuale ed estenuante.
Nel mentre, il corpo di Valentina era completamente adagiato sul mio, procurandomi una crescente eccitazione. I suoi seni voluminosi premuti contro il mio petto, le sue gambe agili e snelle incrociate alle mie, il suo sapore nella mia bocca, il suo odore che riempiva le mie narici, tutto contribuiva ad accelerare i battiti del mio cuore e causarmi un’erezione che, pian piano, assumeva dimensioni sempre più consistenti.
In un momento, mi ritrovai a rovesciare la situazione. Afferrai delicatamente Valentina per le sue gracili spalle inducendola a sdraiarsi supina sul terreno, e quasi contemporaneamente scivolai sopra di lei, coprendo completamente il suo esile corpo col mio.
Mentre mi rivolgeva un sorriso complice e carico d’eccitazione, ricominciai a baciarla con maggior foga rispetto a prima. Con le mani mi teneva il viso premuto contro il suo, mentre le nostre lingue presero a vorticare l’una attorno all’altra. Non durò molto, però. Dopo pochi secondi mi spostai a baciarle il mento, risalendo con le labbra lungo le guance e seguendo i contorni del suo volto lungo la mascella. Continuai a baciarla dietro l’orecchio, stringendo anche il piccolo lobo tra le labbra, mentre i suoi sospiri crescenti aumentavano la mia voglia di lei. Prima con le labbra e poi con la punta della lingua, seguii le linee del suo orecchio e del padiglione auricolare, prima di tornare a ridiscendere lungo il collo e risalire dall’altro lato del suo viso per ripetere l’operazione.
I continui sospiri di Valentina e le mosse della sua piccola mano, con la quale andò a cercare il mio membro eretto per palparlo vigorosamente attraverso i pantaloni, tradivano decisamente il suo stato d’animo.
Terminato di esplorare anche l’altro lato del suo viso, cominciai nuovamente a percorrere il suo volto e il suo mento, a tratti baciandolo, a tratti stringendolo appena tra i denti. Stavolta, però, continuai a scendere lungo il collo. La sua pelle liscia, morbida e profumata, era deliziosa da assaggiare con le labbra, con la lingua, con i denti. Mentre le baciavo e mordevo il collo, Valentina tentava di allungarlo in ogni direzione, per favorire i miei movimenti e, al contempo, prolungare il piacere che provava. Non aveva ancora pronunciato una sola parola, ma il suo respiro accelerato e i suoi gemiti quasi soffocati rappresentavano una sintesi più che eloquente dei suoi pensieri.
Mentre mi dedicavo alla base del suo collo, seguendo con le labbra i contorni della clavicola, portai una mano sulla sua coscia. Era anch’essa morbida e calda come il resto del suo corpo. Piccola che quasi riuscivo ad avvolgerla tutta. La strinsi appena, prima di risalire lungo la sua pelle di seta. Dapprima dall’esterno, poi spostandomi nella parte più interna. D’istinto, Valentina allargò appena le gambe, permettendomi di insinuarmi tra di esse. Avvertivo il calore delle sue cosce investire la mia mano impertinente, mentre risalivo dirigendomi lentamente al centro del suo piacere.
Le mie labbra, intanto, avevano ripreso a scendere, portandosi sino all’incavo tra i seni. Intorno al volto avvertivo quelle montagne sollevarsi al ritmo, ormai quasi frenetico, del respiro di Valentina, mentre le mie labbra iniziavano a sfiorarne i contorni nel punto in cui esse si incontrano lungo lo sterno. Con la mano libera ne afferrai una. La sentii, piena e soda, riempirmi completamente la mano. La spostai verso il centro del petto della ragazza, mordendo delicatamente la buona porzione di carne che, così facendo, si presentò al cospetto delle mie labbra. Valentina gemeva ora più rumorosamente, mentre con una mano accarezzava e tirava i miei capelli.
L’altra mia mano, intanto, era risalita quasi fino all’altezza della sua vagina. Il calore tra le cosce dell’incantevole ragazza bionda sotto di me si era fatto estremamente intenso e, con la punta delle dita, riuscivo distintamente a percepire l’umido che andava spandendosi sul tessuto delle sue mutandine.
Fu proprio mentre pensai di affondare il colpo, che mi sentii quasi spingere via da Valentina. ‘No’ aspetta”, mi disse, col viso in fiamme e quasi senza fiato. Dopo un momento di esitazione, mi fermai, guardandola interdetto.
‘Non è giusto”, aggiunse con un filo di voce, e serrando gli occhi per evitare ogni contatto visivo.
‘Cosa?’, le chiesi, con voce spezzata dall’emozione e dall’eccitazione.
Stette in silenzio per un lungo istante, respirando a fondo. Mi staccai a malincuore dal suo corpo incandescente, risalendo fino ad essere faccia a faccia.
‘Ehi’ cos’hai?’, le chiesi, accarezzandole il viso.
‘Ho voglia di te. Da morire’, ribatté, aprendo gli occhi e guardando fisso nei miei.
‘Anch’io’, risposi, ‘E allora, cosa c’è che non va?’.
‘C’è che non sarebbe giusto’, disse, rammaricata.
‘Perché?’, chiesi, con aria confusa e delusa.
‘Perché io sono la tua transizione, non il tuo traguardo’, disse, quasi gelida.
‘Non capisco’, replicai.
‘Tu sei stato per tutto questo tempo legato a Vittoria per un’idea che t’eri fatto di lei. Per come desideravi che fosse, non per com’era realmente. Stasera ti sei svegliato da quel sogno. Hai capito che c’è altro sulla tua strada. Una donna vera che ti aspetta, non un ideale’, aggiunse Valentina, in tono più dolce.
‘E tutto questo grazie a te’, le risposi, allo stesso modo.
‘Ti ho dato una mano, mettiamola così’, mi disse, sorridendomi, prima di continuare in tono più serio. ‘Questa è una serata stupenda. Siamo stati bene. E avrei una voglia matta di andare fino in fondo. Però, per il tuo bene, non posso farlo’.
‘Questo non lo capisco’, le dissi, non riuscendo a smettere di accarezzarle il viso e i capelli, mentre lei faceva lo stesso con me.
‘Domani andrò via per sempre, lontano. Se lo facessimo, questa serata da stupenda diventerebbe perfetta, e tu vivresti nel ricordo di essa. Sostituiresti un ideale con un altro, ben più doloroso e difficile da superare. Non posso essere così egoista e lasciarti con questo peso’.
Non trovai parole per replicare. E non riuscivo a spiegarmi come potesse essermi sfuggita una simile ovvietà. Aveva ragione, e questa consapevolezza aveva spento in me ogni possibilità di replica. Con un lungo sospiro, mi lasciai cadere sul terreno accanto a lei. Mi si avvicinò e mi abbracciò, posandomi ancora la sua testa sul torace. Passammo il resto della serata distesi ed abbracciati, a parlare e guardare le stelle.
Il giorno successivo, Valentina partì per il suo viaggio di sola andata per il Canada. Di lei mi restò il ricordo di una serata meravigliosa, non perfetta. Un aliante, non un fardello. Ciò che lei sperava, e ciò di cui io avevo bisogno.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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